La potestà disciplinare nel pubblico impiego in origine si caratterizzava in termini propriamente pubblicistici. La sanzione disciplinare era vista, infatti, come atto d’imperio, espressione della sovranità statale e di diritti di supremazia.
Tale concezione veniva stravolta a seguito della privatizzazione operata dal Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 allorché il potere disciplinare giungeva ad assumere un fondamento contrattuale, anche quando esercitato da una Pubblica Amministrazione.
La riforma introdotta dal Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 operava, tuttavia, una sorta di ritorno al passato, conferendo al la responsabilità disciplinare una veste pubblicistica, legata all’interesse pubblico e caratterizzata da una formazione unilaterale, di matrice legislativa, sganciata dai canoni pattizi e contrattuali propri del lavoro privato.
La rinnovata conformazione pubblicistica della normativa disciplinare relativa al pubblico impiego così realizzata – come illustrato nel corso dell’esposizione - pare tuttora sussistente, pur a fronte della modifica normativa realizzata dal Decreto Legislativo 25 maggio 2017, n. 75, attuativo della Legge delega 7 agosto 2015, n. 124. |