La produzione di beni e l’erogazione di servizi pubblici sovente non è stata effettuata sulla base di un controllo consapevole ed efficace da parte della Pubblica Amministrazione, ma è stata, invece, caratterizzata da eccessi di spesa e dalla mancata creazione di valore.
Per tale motivo, la riforma del settore pubblico, è stata rivolta, in via principale, ad un cambiamento radicale di queste logiche inefficienti mediante nuovi meccanismi di programmazione e di controllo delle “performance” nonché tramite una revisione accurata delle attività dei centri di spesa e dei programmi da questi gestiti.
Tale riforma è stata, poi, ulteriormente implementata con l’emanazione del Decreto Legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, con cui il Legislatore ha introdotto un incentivo di carattere giudiziario specificamente teso a ripristinare il corretto svolgimento della funzione amministrativa o la corretta erogazione di un servizio pubblico.
Funzione dell’azione di classe è, infatti, quella di migliorare l’attività prestazionale della P.A. e dei concessionari di pubblici servizi, costituendo essa il corollario di un disegno riformatore fondato sulla concezione dell’Amministrazione di risultato, così da connotare l’attività amministrativa in termini di prestazioni misurabili e verificabili, sotto il profilo qualitativo e quantitativo.
Lo strumento rimediale in parola, tuttavia, pur apprestando una tutela ad istanze di natura collettivistica, permane eterogeneo e differenziato rispetto alla c.d. “class action” prevista dal codice del consumo: quest’ultima ha una connotazione propriamente civilistica e riparatoria mentre il ricorso per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici è volto ad ottenere il ripristino della legalità violata per il tramite di una pronuncia ordinatoria del Giudice che imponga la realizzazione dell’obbligo di “facere” disatteso dall’organo amministrativo o dal concessionario. |