Con questo lavoro – frutto di una non breve esperienza professionale –
gli autori affrontano, essenzialmente, due argomenti di notevole interesse:
sia sotto il profilo politico-socio-culturale e sia sul piano tecnico-giuridico:
l’informazione e l’informazione di garanzia.
Nell’esposizione e trattazione della materia, si sono attenuti a due
criteri fondamentali: linearità e chiarezza, peraltro nel rispetto del rigore
scientifico.
L’informazione – sotto il profilo strettamente giuridico – si specifica
in due direzioni: una attiene al diritto di informazione, l’altra al diritto
all’informazione (al quale corrisponde il dovere di informare). La prima
coincide con la libertà di manifestazione del pensiero “con la parola, lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione”: un diritto garantito a tutti dall’art.
21 della nostra Costituzione. La seconda indica l’interesse – sempre
più crescente – della collettività all’informazione (ovvero ad essere informata:
con il correlato dovere di informare).
L’ informazione è strettamente legata al concetto di libertà: un diritto
fondamentale dell’uomo, che rappresenta il risultato di una lunga e
sofferta evoluzione storico-politico-sociale e giuridico-culturale: una
splendida conquista!
Nel più ampio concetto di libertà di manifestazione del pensiero rientra
la libertà di stampa: un diritto soggettivo, che, al pari di tutti i diritti, postula
dei limiti di fronte a beni (interessi) costituzionalmente tutelati.
Sul piano storico, la libertà di stampa nasce con i sistemi democratici
e significa (e deve significare) informazione completa, affidabile, credibile,
corretta ed imparziale: significa pluralismo informativo. La libertà di
stampa rappresenta il cardine trainante del sistema costituzionale italiano
e svolge una funzione primaria in un Paese – come il nostro – libero e
democratico: perché è una colonna insostituibile e portante del nostro
ordinamento democratico.
Gli organi di stampa, peraltro, spesso… danno la notizia dell’informazione
di garanzia (art. 369 del Codice di Procedura Penale) prima che di
essa abbia avuto conoscenza la persona direttamente interessata.
L’istituto di che trattasi – introdotto a “scopo di garanzia” – ha visto
ridotta, nel tempo, la sua originaria funzione e cioè quella di tutelare
l’indagato: il che, a causa del suo uso spesso distorto.
L’informazione di garanzia è stata introdotta nell’attuale Codice di
Procedura Penale (in vigore dal 1989) in sostituzione della “comunicazione
giudiziaria”, che, a sua volta, aveva sostituito “l’avviso di procedimento”.
“Caratteristica”(!) non trascurabile dell’istituto de quo – dopo le non
poche “integrazioni” e “sostituzioni” dell’art. 369 del Codice di Procedura
Penale – è che l’obbligo per il Pubblico Ministero di inviare l’informazione
di garanzia non sorge già all’avvio delle indagini, ma solo con il
compimento di un atto al quale ha diritto di assistere il difensore.
Sul punto, viene espressa un’opinione di particolare interesse (e non
appare un’opinione audace): l’informazione di garanzia deve essere inviata
(notificata) non già in occasione del primo atto garantito, ovvero “solo
quando” il Pubblico Ministero “ deve compiere un atto al quale il difensore
ha diritto di assistere”, ma sin dall’inizio delle indagini, ovvero – in ogni
caso – contestualmente all’iscrizione dell’indagato – se noto – nel Registro
degli indagati (R.G. n.r.). Il che, per impedire che si svolgano indagini all’insaputa
(alle spalle!) della persona, alla quale un reato si ritiene venga
attribuito: per garantire all’indagato il pieno esercizio del diritto di difesa.
In ultima analisi: l’indagato deve essere sempre e sin dall’inizio delle
indagini consapevole delle indagini in corso. Di conseguenza: l’informazione
di garanzia deve recuperare lo “scopo” originario e cioè che è stata
introdotta a “scopo di garanzia” dell’indagato e non deve essere trasformata
in “sentenza di condanna”: avuto riguardo, peraltro, sempre al rispetto
dell’integrità morale e della riservatezza dell’indagato: esigenze non
trascurabili nella fase attuale della nostra civiltà giuridica.
Gli autori si soffermano, infine e brevemente, sul “Pianeta Giustizia”.
Grazie all’istituzione del Giudice di Pace in materia penale ed in materia
civile (sul che vengono espresse non poche riserve), grazie alle disposizioni
in materia di indagini difensive (legge n. 397/2000), nonché al “giusto
processo” (legge n. 63/2001), il “Pianeta Giustizia” – pur con qualche
inevitabile “disfunzione” – ha cominciato a… “decollare”.
Peraltro, un suo decollo effettivo e concreto richiede ben altro. In
particolare: è necessaria, infatti, un’organica riforma del processo penale
e del processo civile; si impone, ormai, la separazione delle carriere e delle
funzioni, vale a dire la distinzione tra magistrati giudicanti e magistrati
inquirenti; non meno importante appare una seria riforma del Consiglio
Superiore della Magistratura; ed inoltre, una adeguata politica carceraria,
atteso che le carceri, tra l’altro, sono in perenne sovraffollamento: senza
tralasciare una rivisitazione delle intercettazioni e della prescrizione.
Il che, nell’interesse della “Giustizia” e del “Cittadino”. In ultima
analisi, della “Comunità nazionale”.
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