Il diritto contabile delle società commerciali ha sempre seguito il “destino” generale del diritto commerciale ovvero la ricerca di una precipua autonomia che non sacrifichi in nome del diritto i peculiari aspetti tecnici della disciplina. Le stesse leges artis contabili nascono indubbiamente nella prassi, già nei traffici nel Mediterraneo antico.

Eppure, al pari del diritto commerciale, si può parlare di un sistema contabile a sé stante quale regolamentazione di “classe” solo nell’epoca matura della rinascita delle città italiane e dei comuni nel Basso Medioevo, all’interno dello ius mercatorum: in tal senso nascono la contabilità modernamente intesa (illustrata da Pacioli), il sistema dei libri e la tenuta degli stessi e delle scritture in genere e la fede di cui godevano, con i relativi risvolti processuali. In seguito la nascita dello Stato nazionale, prima assoluto e poi rivoluzionario e liberale, porrà nei codici secoli di prassi commerciale.

Da ultimo il secondo dopoguerra, con le molteplici fonti a livello comunitario ed eurounitario o internazionale tout court, ha codificato molti degli aspetti tecnici del diritto contabile nella ricerca di una nuova lex mercatoria uniforme, questione che anche oggi è dunque fortememte attuale, nell’ambito della consueta diatriba tra ragione “giuridica” e ragione “economica”.